Categoria: 🎨 Creatività e pensiero

La creatività è la capacità di generare idee nuove e originali. Il pensiero creativo può essere stimolato da attività come la risoluzione di problemi, l’esplorazione di nuove esperienze e l’apprendimento di nuove abilità.

  • 🧠 I bias cognitivi, come riconoscerli e superarli

    Scusa, ho Mercurio retrogrado (The Age of Magical Overthinking) di Amanda Montell esplora come i bias cognitivi e le distorsioni mentali influenzino la nostra percezione della realtà e le nostre decisioni, portandoci spesso a comportamenti irrazionali. Attraverso l’analisi di vari fenomeni, come l’effetto alone, il pensiero magico, e la fallacia dei costi irrecuperabili, l’autrice mostra come la mente umana cerchi scorciatoie per interpretare un mondo complesso.

    La mente non è mai stata razionale in assoluto, quanto piuttosto razionale nella gestione delle risorse, ossia orientata a conciliare fra loro tempo finito, capacità di memoria limitata e il caratteristico desiderio di dare un senso a ciò che accade

    Amanda Montell

    Il libro sottolinea l’importanza della consapevolezza di questi meccanismi per poterli superare, suggerendo strategie come la riflessione, l’apertura a punti di vista diversi, l’accettazione dell’incertezza e la limitazione dell’influenza dei social media.


    I bias cognitivi

    Un bias cognitivo è una scorciatoia mentale che il nostro cervello utilizza per semplificare l’elaborazione delle informazioni, portando spesso a distorsioni nella percezione della realtà e a decisioni irrazionali. Queste scorciatoie sono spesso inconsce e automatiche, e si basano su esperienze pregresse, emozioni e preconcetti. I bias cognitivi non sono necessariamente negativi, quando ci aiutano a prendere decisioni rapide in situazioni di incertezza, ma possono condurre a errori di giudizio e a interpretazioni errate del mondo.

    Renderci conto di questi bias è il primo passo per poterli superare e prendere decisioni più ponderate. Se c’è una cosa per cui questo libro merita la lettura è lo sviluppo e la descrizione di moltissimi bias cognitivi, noti e meno noti. Li ho riassunti nell’elenco che segue:

    • Effetto alone: La tendenza a formare un’impressione generale positiva su una persona basandosi su un singolo tratto percepito. Ad esempio, si potrebbe presumere che una persona con un buon senso dell’umorismo sia anche intelligente.
    • Pensiero magico: La convinzione che i propri pensieri possano influenzare gli eventi esterni. Il manifesting – l’idea che i nostri pensieri possano materializzare gli eventi – rientra in questo bias.
    • Bias di proporzionalità: La tendenza a credere che cause importanti debbano avere effetti altrettanto importanti, portando spesso a teorie del complotto.
    • Fallacia dei costi irrecuperabili: La tendenza a continuare ad investire risorse (tempo, denaro, emozioni) in un progetto o relazione, anche se si rivela fallimentare, perché si ha difficoltà ad accettare le perdite pregresse. Bias tipico degli investimenti finanziari.
    • Additive bias: La tendenza a risolvere i problemi aggiungendo elementi invece di sottrarli.
    • Pensiero a somma zero: La falsa convinzione che i guadagni di una persona siano necessariamente ottenuti a spese di un’altra. Questo bias può portare a conflitti e, per esempio, all’opposizione verso l’immigrazione.
    • Spontaneous trait transference: La tendenza ad assumere le qualità che attribuiamo ad altri, quando li critichiamo alle loro spalle.
    • Illusione di frequenza (Fenomeno Baader-Meinhof): La tendenza a notare qualcosa più spesso dopo averla notata per la prima volta. Vuoi comprare una Golf bianca e noti solo Golf bianche.
    • Recency illusion: La tendenza a pensare che qualcosa sia nuovo e quindi minaccioso, solo perché è nuovo per noi.
    • Overconfidence bias: La tendenza a sopravvalutare le proprie capacità, esprimere eccessiva sicurezza nelle proprie valutazioni e attribuirsi un merito eccessivo per i risultati positivi.
    • Effetto Google: La tendenza a scambiare le informazioni trovate su internet per conoscenza personale, dimenticando di averle apprese online.
    • Effetto verità illusoria: La tendenza a credere che un’affermazione sia vera semplicemente perché è stata ripetuta più volte. Ripensa ai politici e agli slogan in campagna elettorale.
    • Rhyme-as-reason effect: La tendenza a valutare un’affermazione come più veritiera se rima. Vale più per l’inglese, per le caratteristiche della lingua, che per altre.
    • Bias di conferma: La tendenza a favorire le informazioni che confermano le nostre opinioni e a scartare quelle che le contraddicono. Uno dei bias più noti.
    • Backfire effect: La tendenza a rafforzare le proprie convinzioni quando si presentano informazioni che le contraddicono.
    • Bias della dissolvenza dell’affetto: La tendenza a dimenticare più velocemente le emozioni negative rispetto a quelle positive.
    • Bias della negatività: La tendenza ad assegnare un peso maggiore agli eventi negativi rispetto a quelli positivi.
    • Effetto Ikea: La tendenza ad attribuire un valore sproporzionatamente alto agli oggetti che abbiamo contribuito a creare. Manualmente.

    Quali tra questi bias riconosci come tuoi?


    Come superare i bias cognitivi

    Per superare i bias cognitivi, il libro Scusa, ho Mercurio retrogado suggerisce diverse strategie, che si concentrano principalmente sulla consapevolezza, la riflessione e la messa in discussione delle proprie convinzioni. Ecco alcuni approcci chiave:

    • Consapevolezza delle distorsioni mentali: Il primo passo fondamentale è riconoscere l’esistenza dei bias cognitivi e il loro impatto sul nostro modo di pensare e agire. Essere consapevoli di come la mente crea “scorciatoie” per interpretare la realtà.
    • Allenarsi a prestare attenzione ai propri processi di pensiero. Rallentare e non accettare automaticamente le nostre prime reazioni o intuizioni. Chiediamoci perché pensiamo in un certo modo e quali fattori potrebbero influenzare la nostra percezione.
    • Messa in discussione delle proprie convinzioni: il bias di conferma ci spinge a cercare e interpretare le informazioni in modo da confermare le nostre opinioni preesistenti. Per contrastarlo, dobbiamo esporci a punti di vista diversi dai nostri e considerare con apertura le informazioni che contraddicono le nostre idee. Anche se all’inizio è difficile, questa pratica può portare a una visione più equilibrata e accurata della realtà.
    • Accettare l’incertezza. Il bisogno di certezze è una trappola che ci impedisce di vedere le cose con chiarezza. I testi suggeriscono di accettare la normalità e l’incertezza, di non avere tutte le risposte e di non avere paura di porre domande. Questa umiltà intellettuale ci permette di aprirci a nuove informazioni e a nuove prospettive, aiutandoci a superare l’effetto verità illusoria e la tendenza a fidarci di affermazioni ripetute.
    • Riconoscere le emozioni negative. Per superare la tendenza a dare più peso agli eventi negativi (bias della negatività) è importante riconoscere e accettare le proprie emozioni, senza lasciarsi sopraffare da esse.
    • Limitare l’influenza dei social media: I social media, con la loro natura di dipendenza e i filtri perfezionistici, possono aumentare la nostra esposizione a bias e pregiudizi. Il testo suggerisce di limitare l’uso dei social media, soprattutto per i giovani, e di privilegiare le interazioni faccia a faccia. Le interazioni nel mondo reale aiutano a costruire un’identità più solida e una maggiore consapevolezza di sé.
    • Praticare la “Shine Theory”: Invece di competere con gli altri o di sentirsi minacciati dal loro successo, il testo propone di stringere amicizia con le persone che ci mettono in soggezione. Questo approccio promuove la crescita personale e riduce la tendenza a un pensiero a somma zero, in cui si percepisce il successo degli altri come una minaccia al proprio.
    • Creare uno spazio per la riflessione: È importante ritagliarsi dei momenti di pausa dai media e dalla tecnologia per dare al cervello lo spazio necessario per elaborare le informazioni e stimolare la creatività. Alternare il consumo di media con momenti di silenzio e riflessione favorisce una maggiore consapevolezza e una migliore comprensione del mondo.
    • Concentrarsi su ciò che si può controllare: riflettere su come si può rendere la propria vita più piacevole all’interno del proprio “locus of control”. Ci saranno sempre imprevisti, ma ciò che conta è concentrarsi su ciò che è in nostro potere
    • Non aver paura di cambiare: la paura di perdere ciò che abbiamo investito, ci spinge a rimanere in situazioni che ci rendono infelici. Superare questo bias significa avere il coraggio di cambiare, di “togliere qualcosa” invece di continuare ad aggiungere, di chiudere un rapporto se è necessario e di non avere paura di ammettere un errore.

    Titolo: Scusa, Ho Mercurio Retrogrado

    Autore: Amanda Montell

    Tema Principale: Il libro esplora come i bias cognitivi e le distorsioni mentali influenzino la nostra percezione della realtà, le nostre decisioni e i nostri comportamenti.

    Stile: Il libro combina analisi psicologica con osservazioni sulla società contemporanea, utilizzando un linguaggio accessibile e talvolta ironico.

    Obiettivo: aumentare la consapevolezza dei lettori sulle distorsioni cognitive, promuovendo un approccio critico e consapevole, alla realtà e alle proprie decisioni. Fornisce gli strumenti per navigare in un mondo complesso, pieno di informazioni e di potenziali inganni.


    Testo frutto della rielaborazione di passaggi del libro evidenziati durante la lettura, utilizzando NotebookLM.

  • La mancanza di fact checking in Sapiens di Yuval Noah Harari

    Massimo L’Abbate, membro della community, sapendo che ho letto Sapiens dello storico Yuval Noah Harari, mi ha segnalato un articolo che lo critica aspramente.

    Credit

    Quando mi imbatto in articoli che criticano o attaccano un soggetto noto e popolare, come Harari, la prima impressione è che si possa trattare di un pezzo di character assassination, concetto che Wikipedia traduce in distruzione della reputazione. Attrarre l’attenzione gettando fango su un personaggio noto è uno sport molto praticato e che genera ottimi risultati in termini di click.

    Nel caso specifico, letto l’articolo, non si tratta di niente di questo, anche se si può discutere sulla rilevanze delle singole obiezioni mosse alla poca scientificità o alle inesattezze presenti nel suo Sapiens, tradotto in italiano col titolo Da animali a dei. Ciò su cui non posso in alcun modo discutere è la tesi di fondo dell’articolo, ovvero 1) sul fatto che molti libri non fiction, incluso Sapiens, non siano vagliati in alcun modo da pratiche di fact checking, prima di essere pubblicati e 2) che la mancanza di basi scientifiche di alcune affermazioni chiave di Harari porti acqua al mulino di Big Tech e della Silicon Valley che, guarda caso, osanna Harari.

    Interessante anche la chiave con cui Harari viene interpretato, ovvero quella del populismo scientifico. Il fatto che venga associato a Jordan Peterson, altro personaggio controverso a dir poco, con un seguito da guru, rende Harari più sospetto ai miei occhi.

    Leggi tutto: La mancanza di fact checking in Sapiens di Yuval Noah Harari

    Alcuni passaggi sottolineati nell’articolo:

    • Yuval Harari is what I call a “science populist.” 
    • Science populists are gifted storytellers who weave sensationalist yarns around scientific “facts” in simple, emotionally persuasive language. Their narratives are largely scrubbed clean of nuance or doubt, giving them a false air of authority—and making their message even more convincing. Like their political counterparts, science populists are sources of misinformation. They promote false crises, while presenting themselves as having the answers. They understand the seduction of a story well told—relentlessly seeking to expand their audience—never mind that the underlying science is warped in the pursuit of fame and influence.
    • It is time to subject our Populist Prophet, and others like him, to serious scrutiny.
    • his ex-pupil has essentially managed to dodge the fact-checking process
    • with his book Sapiens—“leapfrogged” expert critique “by saying, ‘Let’s ask questions so large that no one can say, We think this bit’s wrong and that bit’s wrong.’ … Nobody’s an expert on the meaning of everything, or the history of everybody, over a long period.”
    • Harari is often not just describing our past; he is prognosticating on the very future of humanity itself. Everyone is, of course, entitled to speculate on our future. But it is important to find out if these speculations hold water, especially if a person has the ear of our decision-making elites—as Harari does. False projections have real consequences.
    • Harari’s speculations are consistently based on a poor understanding of science. His predictions of our biological future, for instance, are based on a gene-centric view of evolution—a way of thinking that has (unfortunately) dominated public discourse due to public figures like him. Such reductionism advances a simplistic view of reality, and worse yet, veers dangerously into eugenics territory.
    • Our genes are not our puppet masters, pulling the right strings at the right time to control the events that create us. When Harari writes about altering our physiology, or “engineering” humans to be faithful or clever, he is skipping over the many non-genetic mechanisms that form us.
    • Nurture shapes nature, and nature shapes nurture. It is not a duality
    • Harari’s motives remain mysterious; but his descriptions of biology (and predictions about the future) are guided by an ideology prevalent among Silicon Valley technologists like Larry Page, Bill Gates, Elon Musk, and others. They may have differing opinions on whether the algorithms will save or destroy us. But they believe, all the same, in the transcendent power of digital computation.
    • By echoing the narratives of Silicon Valley, science populist Harari is promoting—yet again—a false crisis. Worse, he is diverting our attention from the real harms of algorithms and the unchecked power of the tech industry.
    • Harari tells us of a new religion, “The Data Religion.” The practitioners of this religion—”Dataists,” he calls them—perceive the entire universe as flows of data. They see  all organisms as biochemical data processors, and believe that humanity’s “cosmic vocation” is to create an all-knowing, all-powerful data processor that will understand us better than we can understand ourselves. The logical conclusion to this saga, Harari predicts, is that the algorithms will assume authority over all facets of our lives—they will decide who we marry, what careers we pursue, and how we will be governed. (Silicon Valley, as you can guess, is a hub of The Data Religion.)
    • Living beings are not just absorbing and processing the data flows of our environment; we are continuously altering and creating our own—and each other’s—environments
    • Harari is careful to fashion himself as an objective scribe. He takes pains to tell us he is presenting the worldview of the Dataists, and not his own. But then he does something very sneaky. The Dataist view “may strike you as some eccentric fringe notion,” he says, “but in fact it has already conquered most of the scientific establishment.” In presenting the Dataist worldview as conclusive (having “conquered most of the scientific establishment”), he tells us that it is “objectively” true that humans are algorithms, and our march to obsolescence—as the passive recipients of decisions made by better algorithms—is unavoidable, because it is integrally tied to our humanity.
    • There is nothing predetermined about the fate of humanity. Our autonomy is eroding not because of cosmic karma, but because of a new economic model invented by Google and perfected by Facebook— a form of capitalism that has found a way to manipulate us for the purposes of making money.
    • Harari has seduced us with his storytelling, but a close look at his record shows that he sacrifices science to sensationalism, often makes grave factual errors, and portrays what should be speculative as certain. The basis on which he makes his statements is obscure, as he rarely provides adequate footnotes or references and is remarkably stingy with acknowledging thinkers “A casual reader who picks up Harari’s writing would think that all of the ideas have come from him alone, but Harari’s frameworks of thinking are often reminiscent of others who came before. […] And most dangerous of all, he reinforces the narratives of surveillance capitalists, giving them a free pass to manipulate our behaviors to suit their commercial interests. To save ourselves from this current crisis, and the ones ahead of us, we must forcefully reject the dangerous populist science of Yuval Noah Harari.

    Questo articolo è un contributo pensato per la community di Saper Imparare. Supporta questo sito e la community con la tua iscrizione e partecipazione attiva.