Impara dalle tue emozioni

Dalla stanza Creatività e pensiero, nella community Saper imparare, ti propongo la recensione dettagliata di La mappa delle emozioni di Federico Fros Campelo.


Il libro, La mappa delle emozioni, teorizza come ciò che proviamo in determinate situazioni sia il frutto di un processo che fa scaturire la sensazione dell’emozione dall’interno del nostro cervello più primitivo. Un episodio che viviamo innesca il meccanismo, la funzione emotiva, e noi proviamo quell’emozione. Il tutto è la conseguenza dell’evoluzione della nostra specie in decine, centinaia di migliaia di anni.

Conoscere questo meccanismo ci permette, attraverso il cervello più analitico, la corteccia, di acquisire consapevolezza sulle emozioni che proviamo, analizzarle e mediarle, attenuarle, quando ci rendiamo conto che la nostra reazione istintiva evolutiva non è veramente la risposta giusta che possiamo dare all’esperienza che abbiamo vissuto, perché siamo uomini e donne che vivono in un ambiente sociale completamente diverso da quello in cui si è evoluto il nostro cervello. Non abbiamo predatori che ci minacciano e il tessuto sociale è tale che non abbiamo minacce immediate e persistenti da fronteggiare.

Le funzioni emotive principali, discusse nel libro, sono otto:

  • RICERCA DI NOVITÀ
  • RICERCA DI CERTEZZE
  • RICERCA DI APPROVAZIONE 
  • DOLORE 
  • REPLICA 
  • EMPATIA 
  • RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA 
  • CONFRONTO 

Varie di queste funzioni influenzano il modo in cui impariamo e pensiamo. Per questo ho pensato di condividere con te i passaggi più illuminanti insieme a qualche riflessione a margine.

Ricerca di novità

Il nostro cervello è predisposto a cercare ciò che è nuovo. Se nel tuo campo visivo appare qualcosa, l’occhio lo percepisce e il cervello ti spinge a guardare cosa è successo, cosa è apparso. Il motivo alla base di questa funzione è, come è facile immaginare, l’istinto di sopravvivenza. Se qualcosa si muove, potrebbe essere una minaccia, un predatore, ed è bene non sottovalutare questo stimolo sensoriale. Potrebbe essere fatale.

Oggi questa funzione è manipolata da varie industrie che cercano di attrarre la nostra attenzione (e avere i nostri soldi). Gran parte dell’industria dei media e dell’informazione gira intorno alle novità. Il giornale è nuovo ogni giorno. Sul giornale trovi recensioni dei nuovi libri in uscita. Il cinema cambia programmazione e cambia film con una frequenza che rende impossibile spesso vedere un nuovo film dopo solo due settimane dall’uscita. Le piattaforme di streaming propongono nuovi contenuti ogni giorno e li mettono in evidenza. La moda veloce propone nuovi capi ogni due settimane per farti tornare in negozio e comprare. I contenuti effimeri del social web scompaiono ogni 24 ore, così sono freschissimi e allo stesso tempo invecchiano in un attimo, soppiantati dalla ricerca del nuovo.

Se ti sembra di annoiarti dopo che in un film non succede niente per un minuto non è perché il film è lento, ma perché tu non sei più capace di rilassarti e di vivere il momento. La tua naturale ricerca di novità è stata esasperata da chi vuole la tua attenzione e neanche te ne sei reso conto.

L’antidoto? Usare il cervello

Posticipare un impulso in funzione di un benessere futuro, avere pazienza e fare piani a lungo termine sono conquiste del nostro lobo frontale, che è in grado di inibire l’impulsività del Sistema-di-Ricerca quando trabocca di dopamina, pur continuando a utilizzarlo per avere degli obiettivi.

Detto questo non bisogna neanche inibire questa funzione, anzi. Va incentivata, tenendola entro certi limiti. L’assenza di stimoli uccide.

Smetteresti di offrire nuovi stimoli a un bambino? Allora perché lo fai con te stesso? Non lasciar passare troppo tempo senza sperimentare cose nuove: la tua RICERCA DI NOVITÀ te ne sarà grata. Impara qualcosa di diverso, visita un posto nuovo, non lasciare che la tua vita di coppia sia dominata dalla routine…

Ricerca di certezze

Un’altra funzione innata in noi è la ricerca di certezze. Abbiamo bisogno di conoscere il mondo e capire come funziona senza cercare di dare una risposta ogni volta che abbiamo una nuova esperienza. È naturale cercare certezze. 

La RICERCA DI CERTEZZE è quel processo emotivo di base che ti porta a fare tua una certa convinzione. Insieme alla RICERCA DI NOVITÀ ti permette di esplorare, ricercare e imparare cose nuove. Cerchi modelli causali perché ne hai bisogno: non riesci a vivere nell’incertezza senza capire ciò che accade intorno

Ed ecco lo scopo delle convinzioni: dare un senso al mondo ed essere in grado di prevederlo.10 Per il nostro cervello la funzione ha la precedenza sulla forma: è meglio dare un senso a un’esperienza, anche se sbagliato, che non avere alcuna spiegazione. 

La RICERCA DI CERTEZZE ci porta a tentare con ogni mezzo di sentirci sicuri, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Le nostre interpretazioni devono essere valide, devono riuscire a farci capire cosa sta succedendo, altrimenti ci sentiamo estremamente in difficoltà.

Il problema è che il mondo è complesso e le spiegazioni facili sono sempre meno. Questa volta rischiamo di farci manipolare da chi ci semplifica la comprensione del mondo per un interesse, politico, ideologico, commerciale.

Molto spesso proviamo determinate emozioni perché ci hanno convinti che si addicano alle specifiche circostanze in cui ci troviamo. Non ti è mai capitato di sentirti triste perché sei rimasto a casa di sabato sera? Ma chi ha detto che il sabato sera si deve uscire per forza? 

Questa volta l’antidoto è continuare a porsi domande, anche quando ti dicono che la risposta è semplice ed è già data:

Tutto ciò che devi imparare a fare è prestare attenzione e aprirti a spiegazioni diverse da quelle che già immagini. Invece di credere a tutto quello che ti viene detto, potrai porti da solo nuovi interrogativi e adottare così modelli più precisi del funzionamento del mondo.

Un errore da evitare è dare risposte semplici, frutto di supposizioni o di ipotesi che non hanno vere certezze alla base, pur di avere una risposta. Questo succede quando giudichiamo qualcuno che non conosciamo sulla base di esperienze precedenti con persone che ci sembrano avere le stesse caratteristiche.

il cervello ha una tale brama di riconoscere la relazione tra cause ed effetti che, quando le cause non sono evidenti o visibili, le ipotizza.

Proprio come la risorsa di causa-effetto, la capacità di riconoscere le intenzioni è sempre attiva; se il tuo cervello non riesce a trovare una spiegazione intenzionale, la ipotizza. La nostra mente non ammette lacune, perciò tende a colmarle. Un rischio che si corre, per esempio, è quello di presumere erroneamente che qualcuno abbia avuto delle cattive intenzioni e di prendere le cose «sul personale». 

Le tue interpretazioni tendono a essere condizionate dal modello di realtà che ti sei già costruito. Le tue conclusioni emotive sono infarcite di operazioni cognitive di questo tipo!

Banale forse, ma il tuo passato influenza il tuo modo di percepire la realtà. Molto soggettivo e poco oggettivo. Questo dovrebbe spingerci nel porci più dubbi e nel non trarre conclusioni affrettate in mancanza di risposte e di certezze. Avere certezze ci fa sentire bene. Con questa chiave di lettura puoi meglio capire perché persone intelligenti finiscono per convincersi di fake news di vario genere. Spesso si trovano in uno stato emotivo che li spinge ad accettare la risposta più semplice che assomiglia a una certezza, per quanto inverosimile e non verificata in alcun modo.


Questo è uno dei tanti esempi di contenuto pensato per i membri della community di Saper imparare, dove imparare qualcosa ogni giorno, insieme.


La ricerca di approvazione

Come diceva William James, fondatore della «psicologia funzionale», nel XIX secolo: «Il principio più profondo della natura umana è il disperato bisogno di approvazione». Quando la otteniamo, appaghiamo la motivazione generata da tale funzione, mentre quando non la riscontriamo o addirittura subiamo il contrario («disapprovazione»), dentro di noi si attiva il DOLORE. Il dolore emotivo, un’altra funzione fondamentale. 

Se senti di avere bisogno dell’approvazione degli altri sappi che è qualcosa di innato in noi. Ciò non significa che dobbiamo essere disposti a tutto pur di ottenerlo.

I cuccioli di qualsiasi mammifero attraversano un lungo periodo di inesperienza in cui necessitano delle cure materne fondamentali; questo periodo è ancora più lungo nel caso dei primati (ordine a cui apparteniamo anche noi esseri umani, così come i nostri parenti più prossimi). È indispensabile quindi mantenere un contatto molto stretto con la madre per essere protetti e nutriti, e dunque per sopravvivere. Anche da più adulti è essenziale rimanere in gruppo, poiché qualsiasi allontanamento potrebbe comportare una pericolosa esposizione ai predatori. L’esclusione dal branco costituisce un rischio molto elevato. È per questo che le aree cerebrali preposte all’elaborazione del dolore fisico sono diventate più sensibili, consentendo l’esperienza del dolore anche in presenza di separazione sociale. Si sono sviluppate come un sistema di allarme adattivo, monitorando costantemente il nostro livello di inclusione e riconoscimento. È così che è nato il DOLORE emotivo, nelle vesti di esperienza stressante, in seguito all’interpretazione di una distanza reale o potenziale rispetto al gruppo di appartenenza e a chi amiamo. Tale DOLORE comporta il desiderio immediato di colmare la minaccia di una distanza e di ristabilire i legami di protezione e di certezza. Considera quindi che l’origine della RICERCA DI APPROVAZIONE e del DOLORE è strettamente collegata alla RICERCA DI CERTEZZE. La permanenza in un gruppo sociale ci fa sentire sicuri dalla notte dei tempi. (Location 1033)

Il dolore

Il dolore emotivo esiste ed è attivato nelle stesse aree del cervello in cui si attiva il dolore fisico. Non è immaginazione. Succede veramente.

Considera che possediamo queste due risorse, la RICERCA DI APPROVAZIONE e il DOLORE, da prima ancora di essere umani, ma oggi ci troviamo a gestirle in un contesto completamente diverso. Ecco perché abbiamo esperienze emotive esageratamente forti rispetto a determinate situazioni della vita contemporanea: i divorzi sono fonte di tremende insicurezze per la maggior parte delle persone e talvolta l’ansia di una mancata risposta a una semplice mail può arrivare a essere insopportabile. (Location 1058)

Se ti senti male in determinate situazioni di rifiuto, ora sai perché.

  • questa funzione e il DOLORE non agiscono nell’ambito dell’intelletto e delle parole, ma molto più in profondità. Ancora prima di imparare a parlare, senza condizionamenti sociali né alcun controllo sui movimenti del proprio corpo, un neonato che vede soddisfatta la propria RICERCA DI APPROVAZIONE (per esempio attraverso il contatto fisico), ne percepirà gli effetti benefici in tutto l’organismo, guadagnandoci in salute, sviluppo e benessere psicofisico. (Location 1101)
  • Quella del tatto è un’esperienza basilare per il benessere umano (Location 1106)

Sottolineo questo aspetto relativo al contatto fisico, specialmente nel momento storico in cui viviamo, per non trascurarlo.

  • tanto il cervello maschile quanto quello femminile rilasciano molta ossitocina anche durante l’orgasmo. Inoltre scoperte più recenti indicano che questo ormone accresce la fiducia nelle relazioni umane, promuove i legami stretti e riduce l’ansia sociale. In altre parole, l’ossitocina favorisce la conoscenza tra gli esseri umani. (Location 1137)

Stare con gli altri ci fa star bene. È un processo fisico.

  • Se a nessuno importasse dei traguardi che hai raggiunto, ti darebbero soddisfazione lo stesso? Attenzione! Nessuno di noi è tanto autosufficiente da non aver bisogno di una strizzatina d’occhio, una pacca sulla spalla o qualche congratulazione per i propri risultati. Se sei un dirigente, tienilo in considerazione quando pensi ai tuoi dipendenti.

Sul piano educativo abbiamo la conferma che manifestare apprezzamento, quando ne abbiamo l’occasione, è un’azione che genera un effetto positivo su chi la riceve. Non ti limitare a mettere un mi piace quando vuoi esprimere apprezzamento: spendi un minuto in più e comunicalo a parole. Vale anche per questo post 😉

La rabbia

Trovo illuminante questa sezione dedicata alla rabbia come funzione emotiva. Avresti mai detto che la rabbia risponde a un processo evolutivo?

  • Ogni volta che ti arrabbi è perché stai provando DOLORE. (Location 1173)
  • Non si prova mai rabbia senza DOLORE. È questa la funzione emotiva chiave di tutta la gamma di esperienze della rabbia, a prescindere dalla loro intensità o dal modo in cui le chiamiamo: ira, arrabbiatura, rabbia, irritazione, fastidio, collera… Il DOLORE si attiva quando interpretiamo (non necessariamente in modo consapevole) un determinato stimolo come un danno nei nostri confronti. È questa la «chiave» che si incastra nella «serratura» del DOLORE. (Location 1206)
  • Ma perché il DOLORE fa parte del meccanismo della rabbia? Se un predatore ci mordeva o un rivale ci faceva del male (a quei «noi» di milioni di anni fa), non aveva alcun senso restarcene fermi in un’esperienza sensoriale piena di sofferenza. La reazione fisiologica di ira – che accelera la frequenza cardiaca, sollecita i muscoli e rilascia nel nostro flusso sanguigno ormoni che preparano il corpo a un’azione fisica istantanea – ci spingeva a confrontarci con l’aggressore e a superare quella sofferenza fisica per difenderci. Rispondere con slancio alla minaccia ci allontanava da una posizione di inferiorità fisica e di vulnerabilità, dimostrando all’avversario che per raggiungere un qualsiasi scopo distruttivo avrebbe dovuto vedersela con noi. Anche l’esplosione fisiologica di rabbia comporta il rilascio di «endorfine», quelle sostanze chimiche che anestetizzano il dolore fisico… Te le ricordi? Il che distoglie l’attenzione dalle ferite subite, favorendo una reazione vigorosa e combattiva.3 (Location 1221)

Qualcosa ci fa male e reagiamo con rabbia. Il più delle volte lo neghiamo persino a noi stessi, perché ci fa male anche solo pensarlo

  • il tuo dolore emotivo è causato dalla tua stessa interpretazione delle circostanze e dei comportamenti altrui. (Location 1265)

Passaggio chiave, quasi zen: il dolore emotivo è una funzione dell’interpretazione della realtà. Non è inevitabile. Dipende da te.

  • Considera che il verbo «offendersi» contiene un suffisso riflessivo (-si). Siamo noi che ci offendiamo.11 La stessa cosa succede con arrabbiarsi, innervosirsi, irritarsi… Offendersi per il modo in cui si comporta il prossimo finisce per essere una scelta estremamente privata. Gli altri non ti fanno delle cose… semplicemente fanno delle cose! (Location 1275)
  • L’accumulo di fastidi oltre un certo limite Le condizioni ambientali nocive disturbano qualsiasi animale. Se ne limiti i movimenti legandolo o ingabbiandolo, se lo sottoponi a rumori forti o ne irriti la pelle, l’animale tende a infuriarsi. (Location 1286)
  • Imbattersi in ostacoli nel percorso verso determinati obiettivi Scommetto che ti arrabbi quando il distributore automatico non ti eroga la lattina che hai chiesto. (Location 1312)
  • Il DOLORE si attiva quando la nostra interpretazione ci porta a pensare che qualcosa si frappone tra noi e i nostri obiettivi. (Location 1316)

La coda nel traffico, l’auto che va lenta e tu hai fretta.

  • Considera che per poter superare un ostacolo è necessario un ulteriore dispendio di energie. Anche se la nostra mente non mette in parole questa valutazione, ti rende refrattario a investire più energia di quanta ne ritenessi necessaria. E questa tendenza si manifesta nell’attivazione del DOLORE. (Location 1318)
  • Nessun organismo animale ha interesse a investire più risorse del necessario per svolgere un’attività, una volta che ha individuato un determinato modo di raggiungere l’obiettivo. Questo perché il Sistema-di-Ricerca è restio a qualunque sovraccarico e il segnale che usa per comunicarcelo è l’attivazione del DOLORE. Nello specifico, percepiamo tale segnale in termini di frustrazione. (Location 1323)
  • dobbiamo comprendere la funzione di questo segnale di frustrazione: ci avverte che la strada che stavamo percorrendo non ci porta più a ciò che stiamo cercando. In secondo luogo dobbiamo essere disposti a impiegare più energie di quante avevamo previsto. In questo modo riusciremo a essere tolleranti di fronte agli ostacoli e ad accettare il fatto che continueranno a presentarsi, evitando di reagire mordendo come un cane. (Location 1332)
  • La discrepanza tra aspettative e realtà Ti ricordi che grazie al Sistema-di-Ricerca ogni obiettivo genera un’anticipazione? Lo abbiamo visto nel primo capitolo. Questo fattore scatenante in qualche modo si sovrappone al precedente, perché anche in questo caso abbiamo a che fare con ciò che accade quando le aspirazioni del Sistema-di-Ricerca non vengono soddisfatte.21 Quando le nostre aspettative non si realizzano, si attiva il DOLORE. La funzione di tale meccanismo è quella di farci imparare qualcosa dall’imprevisto, anche se, com’è ovvio, questa è l’ultima cosa a cui pensiamo mentre siamo in preda alla rabbia. (Location 1337)
  • Incertezza e negazione A causa della funzione di RICERCA DI CERTEZZE, le situazioni che non capiamo ci fanno confondere. E quando si è confusi è facile essere di cattivo umore, per non parlare dell’eventualità in cui un lavoro o una relazione non ci infondano la fiducia di cui avremmo bisogno. Non riuscire a soddisfare questa funzione emotiva, come abbiamo visto nel capitolo 2, attiva il DOLORE. (Location 1348)

Incredibile ma vero, ci arrabbiamo perché il nostro cervello preferisce la via breve e vuole risparmiare energia.

  • Quando ti trovi di fronte alla «nuda e cruda» realtà che cercavi di nascondere, la tua sicurezza interiore vacilla (come abbiamo visto nel capitolo 2). Sapendo che dietro a qualsiasi convinzione è attiva la funzione di RICERCA DI CERTEZZE, immagina quante arrabbiature si generano attorno alle diverse versioni della realtà che di volta in volta hai adottato per limitare al massimo la sofferenza. (Location 1354)
  • se dubiti delle buone intenzioni di qualcuno, è meglio risolvere la questione parlandone e non dando per scontato che voglia danneggiarti; se però ha davvero cattive intenzioni e vuole giocare sporco, è meglio che tu gli stia alla larga anziché farti coinvolgere in una discussione sterile. (Location 1380)
  • Se vieni contraddetto in presenza di altre persone o le tue convinzioni vengono messe in discussione, non è tanto la tua RICERCA DI CERTEZZE a risentirne, quanto quella di APPROVAZIONE, perché ti senti sminuito; ecco perché tante discussioni nascono solo dall’esigenza di stabilire chi ha ragione: non si tratta tanto di dibattere determinate idee, quanto piuttosto di non perdere la reputazione. (Location 1387)
  • Come tutte le emozioni, la rabbia esiste perché il suo meccanismo ha uno scopo utile: bloccare ciò che ti provoca DOLORE o dissuadere qualcuno dal continuare a danneggiarti. (Location 1400)
  • Non è vero che scaricare la rabbia con impeto fa bene. Al contrario, rialimenta il DOLORE e ritarda l’insorgere della calma. Bisogna evitare in tutti i modi di sfogare la rabbia in modo aggressivo. (Location 1432)
  • il pianto è un’ulteriore «proposta comunicativa» (non verbale) fornitaci dall’evoluzione. Quando qualcuno piange, l’altro ne riconosce la fragilità e la mancanza di risorse. Se è stata proprio quest’altra persona a causargli il DOLORE alla radice della rabbia, molto probabilmente proverà empatia e compassione. Anche se il dolore causato (fisico o emotivo) dovesse essere stato intenzionale, probabilmente «proverà pietà» per la propria vittima. E se nei paraggi sono presenti anche altre persone, il pianto le incoraggerà ad accorrere in aiuto. L’evoluzione deve aver fatto sì che la capacità di piangere rimanga presente nel corso di tutta la nostra vita per poter risvegliare negli altri l’impulso a prestare soccorso (proprio come facciamo anche noi quando ci capita di veder piangere un bambino o un neonato). (Location 1447)

Piangere è un modo di risolvere la rabbia. Un modo per trasmettere all’altro che soffri e che hai bisogno di aiuto.

  • Non è forse vero che le persone che ci sono più vicine sono anche quelle che possono farci più male? Ciò accade perché diamo loro valore. Se qualcuno a cui tieni molto ti ferisce, proverai forte rabbia o angoscia. Un altro (apparente) paradosso dei rapporti umani è che i rancori più forti vengono riservati alle persone con cui abbiamo sperimentato più intimità, fiducia o affetto. (Location 1462)
  • Ah! Dimenticavo: anche la colpa modera il DOLORE della rabbia. Se pensi che la colpa sia dell’altra persona, ti stai assolvendo dalla responsabilità che la rabbia sia nata dentro di te e stai costruendo un modello di realtà secondo cui ciò che è sbagliato proviene dall’esterno. Ovviamente ciò funziona a breve termine, ma nella pratica non ti è di alcuna utilità per risolvere i tuoi problemi. (Location 1482)
  • Avere tolleranza significa esercitarsi a gestire i fattori scatenanti della rabbia per reinterpretarli in tempo e fare in modo che il DOLORE non si attivi. (Location 1489)
  • Arrabbiarci con qualcuno può portarci a volergli provocare DOLORE, il che si può capire bene solo se ci è chiaro che l’essenza stessa della rabbia è il DOLORE. Quando qualcuno «ci fa» arrabbiare, vogliamo fargli provare lo stesso dolore che ha fatto provare a noi (e sottolineo quest’ultima parte, perché vorrei che ti ricordassi che è la nostra interpretazione ad attivare il DOLORE della rabbia). (Location 1512)
  • quando batti il mignolo del piede nella gamba di un mobile, non hai forse la reazione di picchiare l’oggetto inanimato?45 Di fargli provare la stessa sofferenza che ha inflitto a te? È ancora una volta la REPLICA il burattinaio silenzioso che ti porta a reagire in questo modo. (Location 1596)

Mi fa sorridere pensare a come molti dei nostri comportamenti irrazionali abbiano una causa nel modo in cui si è evoluto il nostro istinto e il nostro DNA. Pensaci la prossima volta che ti viene da picchiare un oggetto inanimato 🙂

  • una rabbia risolutiva non dovrebbe focalizzarsi sulle punizioni, i rimproveri o il discredito. Anche se la REPLICA ci è congenita per natura, possiamo imparare a scaricare la rabbia in un altro modo: esprimendo chiaramente il nostro bisogno e il nostro punto di vista, concentrandoci sulle proposte per riparare il riparabile e facendo in modo che il problema non si ripeta. (Location 1633)
  • Quante volte alla settimana ti arrabbi? Abituati a tenere un registro alla fine di ogni giornata, classificando i fattori scatenanti in base alle sei categorie che abbiamo analizzato. Dopo due settimane stila una classifica per renderti conto di qual è l’orientamento specifico del meccanismo della tua rabbia. (Location 1647)

Reputo questo ultimo esercizio molto utile. Il più delle volte ci arrabbiamo per qualcosa di completamente inutile. Rendercene conto ci aiuta ad arrabbiarci meno e a vivere meglio.

Replica

  • In questo circolo virtuoso di REPLICA quando ti senti ricambiato aspiri al benessere dell’altro. Vuoi che esaudisca tutti i suoi desideri e che le cose gli vadano al meglio. Ti dirò di più: tenderai a trasmettere la tua approvazione e il tuo affetto anche agli altri! Sentirti amato, apprezzato e accettato ti apre a nuove relazioni positive. Sarebbe il fenomeno simmetricamente opposto allo «spostamento dell’aggressione» (quando per colpa della rabbia ti infervori contro qualcuno che in realtà non c’entra niente): una sorta di «spostamento dell’affetto». Facci caso: quando sei felice, sei più comunicativo e tendi a entrare in contatto con persone nuove. (Location 1696)
  • Se qualcuno imita le nostre posture, i nostri movimenti e i nostri gesti senza che ce ne accorgiamo, farà ancora più colpo su di noi, rendendoci persino più piacevole l’interazione. (Location 1870)
  • Quando una persona ti fa un favore, ti capita di sentirti in debito con lei? Hai mai rifiutato un’offerta o un regalo per evitare di dover ricambiare in futuro? Sono tutte manifestazioni della tua REPLICA. (Location 1883)

Quest’ultimo meccanismo è sfruttato da soggetti non profit e profit con l’economia del dono. Ti faccio un piccolo regalo che ti fa sentire in debito, con il desiderio di pareggiare il debito con una donazione e con un’altra azione che chi fa il dono vuole che tu compia.

Ricerca di autosufficienza

  • La RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA è la funzione fondamentale che si nasconde dietro tutto ciò che hai desiderato conseguire nella vita (e lo sottolineo perché è una motivazione umana universale con una sua identità precisa). Tutte le volte che hai sperimentato la tipica soddisfazione per aver fatto un buon lavoro – il sentirti realizzato – oppure le volte che hai provato frustrazione per non aver raggiunto un determinato traguardo, era attiva questa funzione emotiva. Anche se finora non sapevi che la RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA era il motore dietro le quinte, sai bene come ti fanno sentire le emozioni e le motivazioni che ne derivano. (Location 1928)
  • Considera che la volontà di essere autonomi aiuta a capire come funziona il mondo attraverso l’esplorazione dell’ignoto e a muoversi al suo interno fino a dominarlo. Sentirsi più capaci e competenti influisce sulla sicurezza in se stessi. Perciò puoi renderti conto di quanto la RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA sia collegata alla RICERCA DI NOVITÀ e DI CERTEZZE, anch’esse attive fin dalla più tenera età. (Location 1939)
  • tale risorsa ci spinge anche a influenzare gli altri, affinché ci prestino attenzione e ci aiutino a risolvere i nostri problemi, a tentare di essere capaci (riuscire) nelle attività che svolgiamo in società e a controllare le variabili ambientali (e persino ad autocontrollarci). (Location 1945)

Il nostro DNA include meccanismi, volti alla nostra sopravvivenza, dentro di noi nel profondo, prima ancora di come l’istruzione o la famiglia possano influenzarci.

  • Il lato negativo della proprietà è che in qualcuno il desiderio di possedere è più forte di qualunque altra cosa. Molti vivono per comprare e molti altri si definiscono quasi esclusivamente in funzione di ciò che hanno. Se possedere si trasforma in una motivazione esagerata, è di certo dovuto al fatto che la RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA è diventata disfunzionale. Tale distorsione può essere osservata anche in coloro che amano qualcuno in modo possessivo. (Location 1991)

Definirsi in base a ciò che si possiede e l’essere possessivi verso altre persone sono due disfunzioni con la stessa base: una ricerca di autosufficienza portata oltre il limite naturale.

  • Ci capita spesso di tentare di convincerci che la causa dei nostri fallimenti non risieda nelle decisioni che prendiamo, bensì in fattori esterni. Gli psicologi chiamano questo tipo di scuse bias di autocompiacimento: «L’arbitro era contro di noi», «Non ho un lavoro perché la situazione economica rende impossibile per chiunque trovare un impiego» ecc. Con questa nuova prospettiva sulla questione, ti renderai anche conto che è meglio assumerti la responsabilità delle tue azioni, in modo da capire come mai non hai raggiunto un determinato obiettivo e correggere la rotta. Il problema è che un fallimento può causarti talmente tanto dolore che, pur di attenuare l’insoddisfazione di non sentirti efficace, rischi di perdere la giusta prospettiva. Non prenderti in giro! (Location 1999)

Una gran parte delle persone, molte immagino ne conosci, preferisce incolpare cause esterne, gli altri, dei propri errori. È più facile, ma allo stesso tempo è l’atteggiamento che ci impedisce di crescere e di imparare dagli errori. Si finisce così in una spirale di mediocrità da cui si esce con fatica.

  • Ogni volta che qualcosa limita la tua autonomia, circoscrive la tua libertà d’azione, limita il tuo controllo su un determinato obiettivo e arriva persino ad allontanarti dalle persone che desideri influenzare, sperimenti DOLORE per effetto di un’autosufficienza non soddisfatta. (Location 2012)
  • Senz’altro questa necessità di essere indipendenti e di poter gestire la propria volontà in modo autonomo ha contribuito a formulare il concetto di «libero arbitrio». Ma non dimenticare che, per quanto possa sembrarti sconcertante, le nostre emozioni possiedono meccanismi che non scegliamo né di avere né di accendere/spegnere in modo volontario (tra cui questa stessa funzione!). (Location 2017)

L’individualismo come stile di vita, molto diffuso nella società occidentale/capitalista, porta al dolore ogni qual volta non riusciamo a esprimere la nostra autonomia. Paradossale come da un lato soffriamo per obiettivi mancati che neanche noi ci siamo dati, ma che altri hanno scelto per noi e dall’altro crediamo di poter compiere sempre scelte autonome, quando il modo in cui ci sentiamo non è assolutamente sotto il nostro controllo, se non parzialmente solo a posteriori.

Confronto

  • Non ti basta essere competente in qualcosa, devi essere sufficientemente competente in base al tuo contesto. Perché? Perché il tuo cervello non la smette mai di elaborare parametri su cui valutare la tua autosufficienza. E questi parametri nascono dal CONFRONTO. (Location 2028)
  • In ogni caso, poiché l’aspetto fisico e l’attrazione sessuale sono parametri evolutivamente più antichi di qualsiasi altro parametro che l’uomo abbia inventato nel mondo moderno, finiscono spesso per essere gli attributi con il maggiore impatto sull’accrescimento o la riduzione dell’autostima. (Location 2036)
  • Il CONFRONTO non lavora da solo, come del resto nemmeno tutte le altre funzioni emotive. Insieme alla RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA, il CONFRONTO ha un ruolo chiave per esaltare la nostra unicità, perché insieme forgiano importanti tratti caratteriali. (Location 2053)
  • Alcuni ricercatori in ambito economico sostengono che la società dei consumi non si basi in realtà su una concorrenza tra marchi e offerte, bensì su una sorta di concorrenza tra i consumatori; e come in ogni concorrenza, il carburante è il CONFRONTO insito in ognuno di loro. Mentre la classe superiore compete facendo a gara a chi ostenta più beni, potere e influenza, i membri della classe media hanno una quantità limitata di denaro da spendere, quindi si confrontano a vicenda attraverso la selezione di ciò che possono acquistare con le loro limitate risorse. (Location 2083)

Il marketing ne approfitta.

  • Le funzioni emotive generano in noi delle motivazioni e ci portano a classificare le esperienze sotto forma di emozioni; questo significa che le funzioni emotive sono proattive (ci fanno ricercare situazioni) e ricettive (ci permettono di interpretare le situazioni che viviamo). Se «psicologizziamo» tale funzionamento (cioè se ricolleghiamo le nostre esperienze quotidiane con le basi emotive), possiamo farci un’idea dell’organizzazione interna dell’autostima. (Location 2111)
  • La base dell’autostima sono la salute e il benessere fisico. Grazie alla scienza capiamo ogni giorno di più quanto la nostra mente e il nostro corpo siano inseparabili. Come abbiamo visto nel capitolo 3, quando provi benessere nel tuo corpo vengono rilasciate endorfine, dei neurotrasmettitori che ti fanno stare bene; ecco perché i medici di oggi raccomandano caldamente una corretta alimentazione, un’attività fisica regolare, un buon riposo quotidiano e persino l’esposizione a tutto ciò che sia sensorialmente piacevole (come ascoltare la musica che ci piace o metterci quel profumo che tanto amiamo). L’esposizione a condizioni ambientali avverse e la privazione di sensazioni fisiche piacevoli sono invece fattori che fanno diminuire la nostra felicità. Per non parlare ovviamente dello stress, che con gli ormoni che rilascia nel nostro flusso sanguigno (come i glucocorticoidi) ci rende irritabili. A lungo andare qualsiasi malessere fisico cronico influisce negativamente sulla nostra autostima. Per questo dobbiamo aiutare chi ha una qualche patologia, perché il semplice fatto di soffrirne ne danneggia la valutazione di se stesso, e non solo a causa di fattori psicologici, come vedere compromessa la propria autonomia, ma anche di fattori che trovano la loro origine nella chimica basilare del corpo. (Location 2118)
  • sviluppando la tua autonomia potrai affrontare le avversità senza lasciare che la tua autostima si indebolisca per aspetti che non sono sotto il tuo controllo. Attenzione: ho detto «sviluppare» la tua autonomia, non «soddisfarla momentaneamente». In merito a questo punto alcuni studi confermano che, quando sentiamo di non avere il controllo di ciò che stiamo vivendo, andare a fare shopping ci riafferma e ci restituisce la sensazione di avere il polso della situazione. Ma questo tipo di comportamento è, per così dire, «pane per oggi e fame per domani» (oltre a lasciarti senza un soldo e con meno autonomia alla fine del mese). (Location 2146)

A proposito del consumo come affermazione temporanea che non ci aiuta a risolvere i nostri problemi, ma solo a rimandarne la soluzione nel futuro.

  • È difficile sincronizzare l’orchestra interiore delle funzioni emotive e delle motivazioni, pertanto ci troviamo di fronte a dilemmi e a conflitti d’interesse (interiori e con altre persone). Il messaggio che vorrei trasmetterti è che tutto ciò è normale. Conflitti e dilemmi emotivi hanno luogo perché abbiamo un’organizzazione interiore che ci spinge in direzioni opposte nello stesso momento, con componenti che non possono essere soddisfatte contemporaneamente. Non c’è niente di sbagliato o di strano in te quando sei in dubbio su una qualche decisione (Location 2311)

Siamo un organismo complesso. I conflitti interiori fanno parte del nostro essere. Vanno gestiti, ma non si possono annullare. Ogni persona sana ne ha.

  • Come può una funzione emotiva essere tanto distorta da condurci alla dipendenza? Alcune persone nascono con un maggiore potenziale genetico per sviluppare una determinata funzione emotiva, ma non si tratta solo di una componente congenita. Dipendenti non si nasce, si diventa. Se chiunque di noi viene sottoposto a un ambiente che provoca la frequente attivazione di una determinata funzione, finirà per allenarla e darle la priorità rispetto alle altre. L’ambiente in cui si vive può essere pieno di condizionamenti, rinforzi intermittenti e altri stimoli ripetitivi che svolgono il ruolo silenzioso di personal trainer di una qualche funzione emotiva. (Location 2466)

Ciò che esprimiamo, emozioni come le malattie, sono frutto dei geni e dell’interazione con l’ambiente.

  • Al giorno d’oggi molti specialisti parlano ormai di dipendenze comportamentali simili alla dipendenza da morfina,13 anche se ovviamente si riferiscono alle dosi naturali di endorfine presenti nell’organismo… Sarebbero il workaholism (dipendenza dal lavoro), la vigoressia (l’impellente necessità di fare esercizio fisico dovuta alla dipendenza eccessiva e ossessiva dall’immagine del proprio corpo) e persino la voracità nel mangiare. (Location 2474)

Ansia

  • vale la pena di individuare quattro fattori che favoriscono l’ansia e che possono essere applicati genericamente a tutti i casi, quasi un ABC dell’ansia. (Location 2623)
    • Provi ansia quando desideri qualcosa, ma non ti aspetti di riuscire a ottenerlo. Anzi, le tue aspettative ti dicono il contrario. (Location 2625)
    • L’ansia (nostra e altrui) ci spinge a ottenere risultati il prima possibile, ad arrivare alla meta quanto prima, a soddisfare gli interessi del prossimo nel minor tempo possibile… Ogni volta che esiste un limite di tempo per portare a termine un compito, è semplicemente perché a qualcuno è venuto in mente di volere le cose il prima possibile. (Location 2642)
    • Provi ansia quando ti aspetti che finisca qualcosa che ti sta facendo sentire bene. (Location 2649)
    • Provi ansia quando un tuo desiderio si fa molto intenso e vuoi soddisfarlo a qualunque costo. (Location 2655)
    • Provi ansia quando hai degli interessi contrastanti. (Location 2662)
  • L’estrema varietà di opzioni attualmente a nostra disposizione contribuisce a generare un’altrettanto estrema varietà di desideri in conflitto tra loro. (Location 2667)
  • Fare alcune rinunce è segno di abilità emotiva: in questo modo concentrerai i tuoi sforzi con uno schema di priorità, metabolizzando il fatto che ci saranno desideri che non riuscirai a realizzare. (Location 2671)

Essere capaci di ridurre le scelte possibili diventa un vantaggio anche sul piano emotivo.

  • In una certa misura la preoccupazione è funzionale, perché ci allena a valutare eventuali rischi e minacce, ma se portata all’estremo, la continua elucubrazione su uno stesso tema si trasforma in una pratica sterile. (Location 2691)
  • Ecco perché, mi dispiace deluderti, non esiste il finale «e vissero per sempre felici e contenti». Quando abbiamo raggiunto un traguardo e conseguito un obiettivo, vogliamo di più. Siamo funzionalmente programmati per questo, il che non deve comunque portarci a svalutare preventivamente qualsiasi successo ottenuto. È importante imparare a fare tesoro dei nostri traguardi e ad apprezzare lo sviluppo delle nostre capacità, per sostenere interiormente il valore di ciò che siamo riusciti a ottenere nel corso della vita. Ma non sentirti strano se quello che hai fatto in passato oggi non ti basta più. Anche in questo caso devi farti carico di un altro delicato equilibrio: da un lato il valorizzarti per i successi ottenuti e dall’altro il bisogno di porti comunque dei nuovi obiettivi. (Location 2737)

Ecco il perché della nostra frequente (cronica) insoddisfazione.

  • Questa reazione ha un nome: «sazietà sensoriale specifica». Ti succederebbe qualcosa di analogo anche se ti facessi ascoltare la tua canzone preferita all’infinito. E sai anche quando accade? Non solo con le funzioni percettive, ma anche con quelle emotive. E il conseguire non è una motivazione dispensata da questo fenomeno. (Location 2746)

Avevi mai trovato questa definizione, sazietà sensoriale specifica?

  • se l’obiettivo che persegui è sempre il solito, non ti motiverà più come all’inizio né ti soddisferà altrettanto il fatto di averlo raggiunto. Hai bisogno di varietà nei tuoi traguardi. La tua capacità di abituarti alle circostanze – compreso il tuo adattamento all’ambiente a cui tu stesso hai dato vita con i tuoi risultati – ti porta a percepire che non arriverai mai da nessuna parte se continui a fare sempre le stesse cose, come se stessi correndo su un tapis roulant rimanendo sempre sul posto. Ciò che hai conseguito in precedenza non ti motiva più così tanto da perseguirlo di nuovo. (Location 2749)

Varietà nei traguardi. Saper imparare esiste è anche per questo.

  • Una persona con grandi ambizioni avrà le seguenti caratteristiche: una motivazione di conseguire molto attiva (sostanzialmente grazie a un’intensa RICERCA DI AUTOSUFFICIENZA); periodi refrattari brevi (il conseguire resta soddisfatto per poco tempo e si riaccende rapidamente); una grande capacità di definire nuovi traguardi; una rapida incorporazione della nuova capacità acquisita nella propria immagine di sé, il che gli consente di aumentare la portata e la varietà delle sfide. (Location 2762)
  • La cultura del successo trasmessa dai media spesso supera il sano limite dell’autorealizzazione per degenerare in ciò che accende l’avidità: possedere per ostentare e diventare qualcosa di più rispetto al prossimo, nonché addirittura abusare di strumenti sociali (come il denaro o i ruoli) per ottenere un successo ancora maggiore. (Location 2775)

Il successo che vuoi perseguire è qualcosa che hai definito tu o che qualcuno, influenzandoti, ha definito per te? Ci hai mai riflettuto?

L’apprendimento emotivo

  • È nelle tue convinzioni che si nasconde il vero motivo delle tue paure. Ogni volta che provi paura stai aprendo un canale diretto con le tue verità più profonde. (Location 2898)
  • Conosci il significato di «paralisi dell’analisi»? A volte le possibilità che abbiamo a disposizione sono così tante che l’ansia di giungere a una conclusione influisce sulla nostra capacità di valutazione al punto di impedirci di fare una scelta. (Location 2983)
  • Purtroppo nella nostra società la brama di una ricompensa immediata è ormai molto comune e a nessuno piace aspettare. Vorresti raccogliere saltando la fase della semina? Vorresti laurearti in Ingegneria in una sola settimana? Fai attenzione alle aspettative che ti stai creando su come raggiungere i tuoi obiettivi! (Location 2988)
  • Come ha detto il famoso saggista e divulgatore scientifico spagnolo Eduard Punset: «L’apprendimento sociale ed emotivo è l’unica scommessa redditizia per il futuro». (Location 3016)
  • Non smettere di prestare attenzione a ciò che provi, perché ti verranno sempre nuove idee su come risolvere tutto nel modo migliore. (Location 3027)

Coltivare la consapevolezza sulle proprie emozioni, con l’inventario delle emozioni, il journal, l’autoriflessione è un investimento per il tuo benessere e il tuo successo, anche professionale. Non dimenticarlo.


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